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Il castello e la chiesa castellense di Cleto. Il comune convoca un incontro con la cittadinanza per parlare dell'inalienabilità del patrimonio storico



CLETO, Cs – Una chiesa dell’antica Pietramala che dopo l’Unità d’Italia muta nome in Cleto, è da tempo oggetto di una contesa tra un imprenditore olandese che l’ha acquistata per 10 mila euro dalla parrocchia di S. Maria Assunta, per farne un centro d’arte internazionale, e l’Amministrazione comunale che quale simbolo identitario del paese la rivendica come bene comune. 
Il “collabente”, pericolante edificio religioso detto del Santissimo Rosario, luogo di unione e comunione per la popolazione, almeno sino a quando non viene danneggiato dal terremoto del 1905, è ora divenuto anche terreno di contrapposizione. Tra le ragioni che hanno inasprito la querelle, c’è il progetto per la messa in sicurezza della chiesa e delle aree fruibili del castello normanno posto poco più in alto, finanziato nel 2014 con fondi Por dalla regione per 300 mila euro, parte dei quali destinati all’ex luogo di culto.
I lavori erano stati regolarmente consegnati alla ditta appaltatrice già a febbraio 2015, diversi mesi prima della compravendita contestata. Le cose si complicano nell’aprile successivo. L’Amministrazione guidata sino ad allora dal sindaco Giuseppe Longo decade, e tra luglio ed ottobre, nel mentre il comune è commissariato (l’Ente non si sa come mai non abbia esercitato il diritto di prelazione), viene perfezionata la compravendita della chiesa. Da questo momento, resta tutto a bocce ferme. Sino alle elezioni del giugno 2016, quando c’è la rielezione della compagine guidata dall’ex primo cittadino. Come primo atto, il Consiglio comunale dichiara la pubblica utilità della chiesa e la espropria. Ma il Tar Calabria annulla tutto per difetti di notifica. Qualche giorno fa, il Consiglio di Stato sospende la sentenza del Tar e fissa per il prossimo ottobre l’udienza per la decisione di merito.
Intanto, c’è da dire che nemmeno i lavori di messa in sicurezza, appaltati ad una ditta di Molfetta possono andare avanti, poiché c’è in atto il contenzioso sulla proprietà. E così, dopo vani tentativi di intermediazione tra le parti, non resta che la rescissione consensuale del contratto tra la ditta ed il comune. Entrambi, come stabilisce una delibera di giunta di aprile, decidono di adire le vie legali con un esposto alla Procura di Paola, poiché hanno avuto importanti danni economici, perché non si è potuto mettere in sicurezza la chiesetta, né completare i lavori degli spazi esterni al castello che avrebbero consentito di ottenerne l'agibilità.
La storia vista con gli occhi della controparte, come è intuibile, ha una prospettiva diversa. L’artista olandese Roel Van Hoolwerff, che è attuale proprietario della chiesa, da quando è capitato a Cleto e di cui si è subito innamorato, ha un sogno che giudica realizzabile, naturalmente con il concorso di tutta la comunità. Van Hoolwerff ha spiegato in un incontro pubblico recente, a cui erano presenti il suo avvocato Bevilacqua, e l’editore Rubbettino, come vorrebbe trasformare il paese. La chiesa restaurata diventerebbe un centro d’arte internazionale, dove realizzare campane in bronzo. E il centro storico, una sorta di albergo diffuso, come Sexantio, borgo abbruzzese che ricorda molto Cleto. E poi, negozi di souvenir, e una strada che porti agevolmente i turisti al castello. Idee imprenditoriali, peraltro già esposte in un convegno pubblico nel 2014 alla presenza dell’allora assessore regionale Caligiuri, che potrebbero creare, secondo l’artista, decine e decine di posti di lavoro. Ma che, fanno notare gli amministratori, non sono ancora giunte al protocollo dell’ente.
E comunque, prima che tutto avvenga, ci sono degli aspetti che il comune intende chiarire nel corso della conferenza in programma martedì 30 maggio. Tra tutte, la questione dell’inalienabilità del bene dichiarato di interesse culturale.
Nel paesino del Savuto, cittadini e associazioni, auspicano che la vicenda si risolva per il meglio. Le battaglie legali rischiano di allungare oltremodo i tempi di intervento. E nel frattempo, il borgo medievale, nel quale una buona percentuale di case sono state acquistate da anni e non ancora restaurate, continua a cadere a pezzi.


"UN'AMMINISTRAZIONE COMUNALE DEVE DIFENDERE LA PROPRIA DIGNITA' E QUELLA DEI CITTADINI CON IL SUO PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E CULTURALE CHE OLTRE A RAPPRESENTARNE LA MEMORIA NE COSTITUISCE L'IDENTITA'
I BENI DEL PATRIMONIO STORICO , ARTISTICO E CULTURALE SONO DI APPARTENENZA PUBBLICA ED INALIENABILI COSI RECITANO GLI ART. : 2, 10 E 54 DEL CODICE BENI CULTURALI DLT 42 \ 2004".

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