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Scompare l'ultimo grande scrittore calabrese della generazione del dopoguerra: Saverio Strati

Stava per compiere novant'anni ed era nato a  Santa'Agata del Bianco (R.C.) nel 1924. Dopo la seconda guerra mondiale riprese gli studi che aveva interrotti e frequentò per alcuni anni  la facoltà di Lettere dell'Università di Messina. Fu in quest'occasione che ebbe un fortunato incontro con Giacomo de Benedetti che lo incoraggiò a scrivere.
Così timidamente nacque la prima raccolta di racconti La Marchesina, nel '56 per Mondadori, cui seguirono Tibi e Tascia, La teda e poi di seguito molti altri romanzi: Mani vuote, Noi lazzaroni, Il Selvaggio di Santa Venere, Il Diavolaro, I cari parenti, fino all'ultimo: Natale in Calabria del 2006. Nel '53 si trasferì a Firenze e poi si spostò in Svizzera con la moglie fino al '64. Ritornò di nuovo in Italia e si stabilì definitivamente a Scandicci vicino Firenze. Veniva spesso nella sua terra natale cui lo legava l'affetto per i conoscenti e  gli amici. Durante uno di questi suoi viaggi fu ospite dell'Associazione di Nuovo Umanesimo di Reggio Calabria ed ebbi l'onore di presentare il suo romanzo da poco uscito, nel 1986, La conca degli aranci. Fu un incontro toccante di cui poi scrissi sulla rivista Calabria Sconosciuta (Anno XI, n.41, pp. 47-49). L'autore intrecciò un dialogo sulla letteratura calabrese e dimostrò grande apertura e amabilità facendo riferimento ai suoi ricordi ed alle sue esperienze. Negli ultimi tempi chiese l'applicazione della legge Bacchelli per un sussidio che gli fu concesso,  date le sue  ristrettezze economiche.  Con lui scompare  un intellettuale onesto  che è vissuto  nel culto della giustizia e della solidarietà e che ha scritto per diffondere  la conoscenza della Calabria.
Questa, ne sono certa, non mancherà di onorarlo e ricordarlo come uno dei grandi scrittori impegnati ed autentici del sud.

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